Neuralink, Elon Musk impianta microchip nel cervello


Premessa

L’idea di un chip impiantato nel cervello spaventa sicuramente tutti, se poi a metterlo è un’azienda privata comandata da un uomo apparentemente particolare e volubile come Elon Musk ancora di più.

Cosa può fare qualcuno una volta che ha accesso al nostro cervello? È così necessario controllare i nostri dispositivi senza l’uso di mani o voce?

Rischi

Certamente il primo punto da affrontare riguarda i rischi, purtroppo la conoscenza del cervello non è ancora ad un livello tale da permetterci interventi a rischio quasi 0. C’è sempre il timore di toccare qualche punto che possa compromettere parola, memoria, motricità,… non a caso quando è possibile, le operazioni al cervello vengono fatte da svegli, per avere un immediato feedback e capire se si stanno facendo danni. Non sono in grado di scendere maggiormente nel dettaglio, ma senza ombra di dubbio è il rischio maggiore.

Altro punto riguarda il fatto che, anche avendo la certezza che sia totalmente privo di rischi, siamo sicuri che chi “controlla” questo chip non possa farne un uso criminale o comunque anche solo illecito? Gli stiamo fornendo accesso a quella che forse è la parte più importante del nostro essere. Può una legislazione dare sufficienti garanzie? Direi senza timore di smentita che per l’opinione pubblica non sarà mai accettabile questo rischio (per lo meno non per le attuali generazioni), basti pensare a come sono stati accolti i vaccini COVID e le app di tracciamento come Immuni.

Opportunità

Altrettanto certamente, questa tecnologia apre un ventaglio di possibilità estremamente ampio. La prima sperimentazione di Neuralink è chiamata Brain Computer Interface (BCI, traducibile con Interfaccia Cerebrale per Computer), il nome dice molto sullo scopo di questa sperimentazione, permettere a pazienti colpiti da varie patologie neurologiche di interagire con vari dispositivi come smartphone, tablet, computer, direttamente con il “pensiero”. Già solo questa applicazione può decisamente migliorare la vita di queste persone, permettendo di uscire più facilmente dal rischio di isolamento.

Ma facendo un pensiero aggiuntivo potrebbe tranquillamente essere un primo step per cercare di risolvere qualcuna di queste patologie, l’unico limite diventa la conoscenza appunto della morfologia del cervello, probabilmente stimolando i punti giusti si potrebbe tornare ad avere l’uso di qualcuno dei sensi persi. O permettere di usare un dispositivo esterno per “vedere” o “sentire” in maniera artificiale.

Sicuramente solo la fantasia e soprattutto l’etica possono limitare i vantaggi che questa tecnologia può sbloccare, quel che oggi sembra fantascienza, un domani potrebbe essere realtà. Quanti 15 anni fa avrebbero creduto di poter chiedere ad un telefono di scrivere un messaggio formale ad un corrispondente in una lingua sconosciuta, solo dando una traccia? O quanti avrebbero realmente pensato di poter stare in un’auto che guida da sola?

Conclusione

Mi ricorda un po’ il periodo in cui si cominciava a parlare di OGM o clonazione, si intravedevano enormi possibilità, ma si aveva paura che la situazione sarebbe sfuggita di mano.

Credo quindi che possa essere una buona occasione di evoluzione, ma che tutta la società ed i governi devono muoversi per tempo per imporre un controllo che permetta di garantire i diritti e la sicurezza dei popoli.

Dunque attendiamo gli sviluppi con Telepahy (nome ufficiale dell’impianto) e seguiamone l’evoluzione sempre con spirito super critico, ma libero da pregiudizi.

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